Alleanza con Dio nel sangue di Gesù

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“In verità, in verità io ve lo dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la Vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Poiché la mia carne è un vero cibo, e il mio sangue è una vera bevanda. Chi mangi la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io  in lui. Come il Padre, che vive, ha mandato me, e io vivo per il Padre, così anche chi mangia me vivrà per me. Ecco il pane disceso dal cielo: non è come quello che mangiarono i padri e morirono; chi mangia questo pane vivrà in eterno”. Così disse Gesù insegnando nella sinagoga di Cafarnao.

(Gv 6, 53-58)

 (Traduzione dal testo greco e commento di Don Carlo De Ambrogio)

Commento

“Io Sono il Pane vivo disceso dal cielo. Chi mangia di questo pane vivrà in eterno, e il pane che io gli darò è la mia carne”.

   • “La mia carne”: carne è la realtà dell’uomo, la natura umana nella sua fragilità, nei suoi limiti e nelle sue possibilità. Carne: l’ebraico e l’aramaico del tempo di Gesù non hanno la parola “corpo” (questa parola è nell’ebraico moderno: guf), ma hanno la parola carne. “La mia carne”, cioè la realtà di Gesù, il suo Io totale di Uomo-Dio, diventa cibo, pane che si mangia.   •  “Io sono il Pane vivo sceso dal cielo”. Ritorna con insistenza questa kènosi di Gesù, la sua discesa, il suo annientamento, che dobbiamo imitare. Nell’Eucaristia si verifica il paradosso di Dio: la sua infinita grandezza coincide con la sua infinita piccolezza; nell’Eucaristia noi riceviamo il Dio infinitamente lontano che diventa infinitamente vicino, più intimo a me del mio stesso io (“intimior intimo meo”); il Dio infinitamente trascendente, altissimo, che diventa infinitamente immanente. Paradosso che porta a quell’antitesi che è il mistero pasquale di morte e risurrezione, di morte e di vita.    •  Dice il Papa: “La Chiesa vive del Cristo eucaristico, da Lui è nutrita, da Lui è illuminata. L’Eucaristia è mistero di fede e insieme Mistero di luce” (EdE, 7)

“Chi mangia di questo pane vivrà in eterno”.

    • “Chi mangia di questo pane”: Gesù accenna al Banchetto eucaristico. Più avanti dirà anche di “bere il suo Sangue”. Un vero banchetto consiste nel mangiare e bere. Maria alle nozze di Cana disse a Gesù: «Non hanno più vino». Questa frase potrebbe ripeterla ancora per quelli che non fanno la Comunione anche con le specie del vino, con il Sangue. Ora la Chiesa sta sgombrando le polemiche e intende dare a tutti la possibilità di ricevere la S. Comunione sotto le due specie, perché un banchetto per essere tale comporta il mangiare e bere.

   • Il Banchetto eucaristico è preso nei suoi elementi costitutivi: pane e vino, mangiare e bere; ed è mutuato dalla cena dell’Esodo (cap. 12), dal pasto dell’Agnello pasquale. Per gli Ebrei il pasto era banchetto, era festa di liberazione, era sacrificio (l’agnello veniva immolato), era memoriale (cioè ricordo che attualizzava), era comunioneera lode a Dio (si cantava il Grande Hallel, cioè i Salmi 113 – 118); ed era attesa, perché aspettavano il Messia.

    • Questo rito pasquale si chiamava “seder”. La frase: “Chi mangia di questo pane vivrà in eterno”, introduce nella dimensione del banchetto, del pasto.

“Il pane che io gli darò è la mia carne per la vita del mondo”.

    • La carne è la natura umana nella sua fragilità, nei suoi limiti e nelle sue possibilità; dunque è tutta la realtà dell’uomo. L’ebraico dei tempi di Gesù aveva solo il termine “carne”. Questa Carne di Gesù, cioè la sua realtà totale di Uomo-Dio, diventa Pane che si mangia.

    • E’ la formula liturgica probabilmente più antica, in uso nelle comunità dell’Asia (le comunità di S. Giovanni): “Questa è la mia carne”. Formula affine a quella di S. Paolo al capitolo 11 della Prima Lettera ai Corinzi, e di quella del capitolo 22 del Vangelo di S. Luca: “Questo è il mio Corpo dato per voi”.

   • “Per la vita del mondo”, significa: “perché il mondo viva”; per tutti. E’ il sacrificio redentivo: la morte di Gesù perché il mondo viva. E’ l’oblazione, l’obbedienza di Gesù: “Per questo il Padre mi ama, perché io do la mia vita”. Oblazione libera cui corrisponde la compiacenza del Padre, la risurrezione. L’oblazione di Gesù rese trasparente l’amore del Padre. Per questo l’Eucaristia è sacrifico redentivo e ci libera dai peccati (ma non dal peccato mortale).